domenica 19 ottobre 2014

FRANCISMAD," IL MONDO E' A COLORI MA LA REALTA' E' IN BIANCO E NERO"


Francesca Maddaloni, in arte FrancisMad, è una fotografa alessandrina decisamente talentuosa, con all’attivo centinaia di scatti che racchiudono il suo amore per la terra piemontese e un’impostazione decisamente introspettiva del suo lavoro. Vincitrice di numerosi contest, quali “Watch me” di Vogue, “Racconta la tua Roma” e “Lavoro, tu come lo vedi?” di La Repubblica, Francis ci racconta il suo viaggio continuo nel mondo del digitale, non senza lasciarsi guidare da una vena tradizionalista e romantica.



Cara FrancisMad, ho letto su Flickr una tua frase che mi ha molto colpita “Il mio scopo è ricerca della bellezza in tutto ciò che è apparentemente mediocre”. 
È questa, secondo te, l’essenza della fotografia?
Quando utilizzo quest’espressione mi riferisco unicamente al mio modo personale di far fotografia, e quindi a quello che vorrei cercare di trasmettere attraverso i miei scatti. Ho sempre amato il Reportage, come ho sempre amato l’idea di poter utilizzare l’Arte per esprimere me stessa, raccontare e quindi comunicare, sebbene non mi sia mai voluta definire artista ne abbia mai intrapreso studi accademici in tal settore.
Guardandomi intorno e soffermandomi a pensare, mi sono resa conto di quanto anche il più piccolo gesto, il più semplice o addirittura la situazione più abitudinaria che ci venga in mente possa avere dentro di sé e quindi trasmettere un potenziale ed una bellezza unici, quindi mi sono detta: “perché non tentare di fotografare tutto questo? Perché non testimoniare l’esistenza di questa specialità? ”. La fotografia, nel suo essere accessibile ed essenziale, più di ogni altra forma d’arte ha il potere di mostrare  tutto questo attraverso un’immagine, di fornirci la prova che la bellezza esiste ed è tutta intorno a noi anche quando si è convinti del contrario, anche quando la realtà stessa di tutti giorni ci sembra terribile. Basta ‘’semplicemente’’ cercare.
Se mi capita di dover dare una definizione al concetto di ‘’essenza’’ in linea più generale, mi piace citare una frase di Helmut Newton in cui credo molto e che recita ‘’Il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare, il gusto di catturare, tre concetti che riassumono l’arte della fotografia.’’. Credo che questa sia la vera essenza universale dello scrivere con la luce. Dipende tutto dalla propria sensibilità e da ciò che si ha dentro cercando di essere più semplici ed essenziali possibili.

Provieni dalla fotografia analogica, non senti un po’ di nostalgia con tutto questo digitale?
Non nego di provarne un po’, anche se non apprezzare il digitale per la sua infinita praticità ed accessibilità, sia in termini economici che strumentali, sarebbe un controsenso. Quando posso permettermelo scatto ancora in modo analogico e quando succede mi rendo conto ogni volta di quanto sia molto più complesso e dispendioso rispetto un qualsiasi lavoro che avrei fatto con la mia reflex digitale.
Oggi giorno si è abituati a vivere in maniera veloce, dinamica, ‘’Smart’’; ci si aspetta la realizzazione di una committenza in tempi brevi, a ‘’salvare il salvabile’’ accumulando hard disc pieni di file e vivendo costantemente con l’idea di ‘’minima spesa e massimo rendimento’’; mentre la fotografia analogica richiede tempo, pazienza, esige un tipo di approccio molto più riflessivo ed autocritico, soprattutto quando ci si rende conto di aver sbagliato qualcosa e di dover buttare più fotografie di quel che ci si aspettava dopo aver sostenuto una spesa abbastanza importante per reperire tutto il materiale necessario (ad esempio acidi, pellicole, carta, ingranditore, emulsioni ecc..).
Il digitale trasformando tutto questo in software ha aiutato molto, eppure, ancora adesso, ad essere sincera, nulla in fotografia riesce ad essere più emozionante e gratificante di un immagine che lentamente compare su di un pezzo di carta dopo il ‘’terzo bagno ’’.
Ti va di raccontarci del tuo progetto sulla Fraschetta? 
Parlaci della specialità di questo territorio, le ragioni per le quali hai deciso di immortalarlo.
Il progetto sulla Fraschetta nasce essenzialmente dall’esigenza personale di mostrare al di fuori dei confini provinciali i posti da cui provengo ed in cui sono nata e cresciuta, il tutto collegato all’essenza di quello che è il mio modo di fotografare che, consiste nel ricercare la bellezza in tutto ciò che apparentemente può sembrare scontato o mediocre.
Originariamente il pensiero di un progetto del genere  risale a circa quattro anni fa. Mi trovavo in macchina con l’allora mio ex fidanzato e stavamo tornando a casa da Alessandria . Era inverno e c’era la neve fresca da qualche giorno. Alla prima rotonda in paese che precede l’uscita di via Genova mi accorsi di uno spettacolo visivo stupefacente che in quel momento stava accadendo: vi era uno splendido tramonto con la Solvay in sottofondo.
Mi rendo perfettamente conto che di tramonti con quella fabbrica in lontananza ce ne siano stati tantissimi fino a quel momento, tuttavia mai come allora mi resi conto di quanto quella fabbrica poteva essere cosi affascinante con tutte quelle sfumature di colore che lentamente impregnavano  l’atmosfera. Era un tripudio di rosa-violetti e blu-azzurri e l’aria era cosi tersa che si potevano vedere le montagne in lontananza. Insomma, rimasi cosi colpita da quello che stavo vedendo che convinsi il mio ex fidanzato a sterzare e parcheggiare in mezzo alla strada mentre cercavo di scattare e portare a casa quell’istante irripetibile. Vi assicuro che vedere quella fabbrica, di per sé orribile esteticamente tranne che di notte (secondo me), assumere dei caratteri cosi affascinanti grazie alla luce giusta mi ha fatto molto riflettere e così ho cominciato a considerare l’idea di realizzare un piccolo progetto che due anni fa ha avuto finalmente inizio. Viaggiando spesso mi sono resa conto di quanto la Fraschetta sia attualmente considerato un territorio sconosciuto ma soprattutto sottovalutato da un punto di vista estetico/culturale, sia da chi vive altrove che addirittura dagli stessi abitanti, me compresa fino a qualche tempo fa. Al contrario è ricco di potenziale se si pensa al fatto che si può spaziare da centri storici medioevali a cascine settecentesche fino a chiese, come quella di Santa Croce a Bosco Marengo con affreschi originali del Vasari, il tutto immerso in una campagna che ogni stagione cambia colore.

So che il tuo soggetto preferito è l’albero. Perché ti affascina cosi tanto?
Il mio soggetto preferito è l’albero perché amo tutto quello che rappresenta ed ha sempre rappresentato simbolicamente nella cultura e nella storia dell’uomo fin dal principio, ma anche da un punto di vista estetico e formale.  E’ un essere vivente indispensabile per la vita su questo pianeta, radicato nella terra ma che al tempo stesso si protrae verso il cielo attraverso il tronco ed i suoi rami, rami che ho sempre paragonato alle nostre dita. Tutto questo l’ho sempre trovato molto affascinante.

Quanto contano le simmetrie nella tua fotografia?
Dipende molto dall’idea iniziale e dallo scatto che voglio realizzare, ci sono immagini che per essere efficaci necessitano di simmetria e viceversa, molto spesso valuto sul momento.

Scatti molte foto in bianco e nero, questione di estetica o c’è qualcosa di più in questa scelta?
Entrambe. Ho sempre amato il bianco e nero per un discorso estetico oltre al fatto che è il tipo di fotografia con cui ho cominciato dopo aver abbandonato le pellicole da diapositiva. Credo che ogni immagine nella mente di un fotografo prima ancora di scattare, nasca già o a colori o monocromatica, dipende sempre dalla visione e da ciò che si vuole trasmettere.
Quando mi si chiede perché amo il bianco e nero solitamente cito una frase di Win Wanders in cui credo molto e che recita: ‘’ il mondo è a colori, ma la realtà è in bianco e nero’’. Credo che tra mille parole questa frase esplichi esattamente ciò che penso.


 Come gestisci il tuo lavoro da fotografa con la quotidianità da studentessa?
E’ molto difficile, soprattutto perché soldi e tempo a disposizione non basterebbero mai. Bisogna avere, come in tutte le cose, un gran spirito organizzativo e di sacrificio, molta determinazione e voglia di perseverare. Studiando devo dire che ho molto tempo da auto gestire quindi scatto quando finisco di studiare e studio quando finisco di post-produrre.  Considerando che sia la fotografia sia ciò che studio rappresentano esattamente le mie due grandi passioni, niente mi pesa e mi sento ad oggi molto fortunata.
Ho visto che sei anche un’ottima blogger. 
Cosa ti spinge ad affiancare lo scritto alle tue foto, che già da sole comunicano molto?
Mi spinge esattamente il desiderio di comunicare. Comunicare attraverso tutti i modi possibili e fruibili che quest’era tecnologica ci mette a disposizione gratuitamente. A parte la fotografia amo molto leggere e scrivere sebbene forse in questo secondo caso non sia tanto talentuosa, ciò nonostante mixare tutto insieme lo trovo affascinante e stimolante.



In un mondo fatto di filtri e Photoshop, qual è la tua opinione sulla post produzione fotografica e sul foto ritocco?
Spero di non esagerare se scrivo che da un punto di vista creativo Photoshop sia uno degli strumenti e delle invenzioni più geniali di questo tempo. Un programma più accessibile e fruibile quanto infinito, complesso e completo credo non esista e denigrare l’utilizzo della post produzione lo ritengo cosa da ipocriti. Certo, prima ancora di realizzare un’ottima post produzione si necessita di un buon lavoro pregresso fatto alla base e quindi di un’ottima fotografia da cui partire mentre viceversa non è ammissibile.
Post produrre per correggere o stravolgere una pessima immagine di partenza non è da professionisti ma principianti. Come sempre, e qui molti maestri lo insegnano, non è il mezzo che fa la differenza, ma la mano di chi lo utilizza.
Essere bravi fotografi e-o bravi grafici fa sì che si possa valorizzare il proprio lavoro attraverso strumenti come Photoshop e filtri ed anche quando mi sento dire che era meglio la fotografia analogica perché non si poteva post-produrre mi viene spesso da sorridere: anche nella fotografia analogica si post produce e post produceva, solo che era tutto molto più complesso e si richiedevano manualità e dimestichezza molto difficili da avere se non col tempo.
Quindi, tutti possiamo essere fotografi?
Assolutamente NO, e su questo sono molto drastica. Indipendentemente dalle regole e dalla loro conoscenza che deve essere categorica e fondamentale, come in ogni cosa c’è bisogno di talento, di estro e quello o lo si ha o non lo si ha.  A tal proposito mi piace citare una frase di Nadar in cui credo molto e che recita:’’ Non esiste la fotografia artistica. Nella fotografia esistono, come in tutte le cose, delle persone che sanno vedere ed altre che non sanno nemmeno guardare’’. Non tutti sanno vedere, non tutti sanno osservare.
 Hai all’attivo progetti futuri o mostre?
Ci sto lavorando. Dopo la mostra fotografica di Amburgo per ora mi sto impegnando, studio permettendo, alla realizzazione di qualche esposizione qui a Trieste che abbia come tema il mio progetto sulla Fraschetta, più avanti si vedrà.
1Come pensi che il territorio alessandrino, la sua gente, si rapporti all’arte fotografica?

E’ ancora in alto mare. Parecchio alto mare. Per quanto mi riguarda e per come la vedo, indipendentemente da fattori economici non esiste ad oggi una cultura adeguata ed una mentalità aperta e sufficientemente propositiva nei confronti non solo della fotografia ma delle manifestazioni culturali e dell’Arte stessa più in generale. Molte iniziative vengono spesso soffocate da un modo di vedere e vivere provinciale, borghese e talvolta quasi ottuso e questo l’ho potuto constatare utilizzando come termini di paragone altre città e altre realtà in cui ho vissuto. Abbiamo come alessandrini la fortuna di vivere a 100km da tre delle maggiori città del nord ovest, eppure sembriamo isolati dal pianeta: poche volte mi è capitato di assistere a manifestazioni d’arte indipendente, quando nel resto delle altre città passavano di moda le famose ‘’cene con delitto’’ ad Alessandria si scoprivano e cosi anche gli aperitivi con mostre fotografiche o od i concerti acustici con mostre fotografiche, quando nelle altre città erano ormai abitudine, ad Alessandria forse si scoprivano eventi del genere. Questi sono solo piccoli esempi molto banali. E per finire, arrivati quasi al 2015 mi sembra davvero inaccettabile e surreale ascoltare notizie che riportano la chiusura di locali notturni con musica dal vivo causa lamentele del vicinato che nel weekend vuole dormire. Credo che esempi come questi esplichino molto bene la situazione in cui la città si trova, e di quanto ci sia ancora da lavorare per cambiare. Non solo fabbriche e negozi portano ricchezza, questo credo che anche a livelli nazionali ce ne si è ben resi conto. Nel mio piccolo, con il progetto Fraschetta, spero di poter dare un contributo e valorizzare il nostro territorio, ma da fuori. Dall’esterno. 

DI ELISA CHIARA








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